Patrick Modiano, premio Nobel per la letteratura 2014, di origine italiana, ha cercato di ricostruire, per anni, la storia di una quindicenne ebrea: Dora Bruder, scappata da un convitto di suore, a Parigi, nel 1941. Cadrà presto in una retata degli occupanti tedeschi per morire poco dopo ad Auschwitz. In questa malinconica e caparbia ricerca, Modiano ricostruisce una topografia di Parigi precisa e umanissima. Le strade, i boulevard, le bocche del metrò. Tutto il 18° arrondissement (quello delle “bancarelle delle pulci”) è stato palcoscenico di quella fuga adolescente.

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Doveva avere un segreto, Dora, per scappare da un comunque sicuro nascondiglio: “E’ il suo segreto. Povero e prezioso segreto che i carnefici, le ordinanze, le autorità cosiddette d’occupazione, il Deposito, le caserme, i campi, la Storia, il tempo – tutto ciò che insozza e distrugge – non sono riusciti a rubarle”.

Questo segreto non svelato resta forte, dolorosamente inespresso tra quelle strade, quelle linee di metrò, le bancarelle delle “pulci”. Non potremo più camminare in quell’area di Parigi senza pensare a lei.

Quel “povero e prezioso segreto” che Dora ha nascosto scappando da casa e dall’inverno 1941-42 non lo abbiamo trovato nemmeno noi in una tiepida mattina del gennaio 2016, 26 gennaio, Giornata della Memoria. Dal numero 43 di boulevard d’Orano, da quel balcone lungo, in ferro battuto, che è ancora lì, come allora, ad abbellire l’ultimo piano di quel che era un piccolo Hotel, dal viale di tigli spogli, è iniziata la fuga della ragazzina ebrea.

Dal 2015 c’è la promenade Dora Bruder, inaugurata il primo giugno alla presenza dello scrittore premio Nobel Modiano.

Dora Bruder è diventata così una presenza che dura, che abita ancora il quartiere, la vecchia scuola elementare e quei giardini che ai tempi erano campi aperti abitati dalle roulottes dei manouches, gli zingari musicisti, la famiglia dei Reinhardt, quella di Django. Dora ascoltava le loro chitarre.

La corsa della piccola Dora è stata fermata pochi mesi dopo, nell’estate del ’42, in una camera a gas. La memoria di oggi è anche – un po’ – l’inquietudine per domani.

“On avait imposé des étoiles jaunes à des enfants aux noms polonais, russes, roumains, et qui étaient si parisiens qu’ils se confondaient avec les façades des immeubles, les trottoirs, les infinies nuances de gris qui n’existent qu’à Paris. Comme Dora Bruder, ils parlaient tous avec l’accent de Paris, en employant des mots d’argot dont Jean Genet avait senti la tendresse attristée”.

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Segnalo anche l’articolo di Le Monde “Una passeggiata Dora Bruder in memoria delle vittime del nazismo”

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