Dal 28 maggio al 10 settembre 2017 la Città di Lecco dedica a Tino Stefanoni (Lecco, 1937) una mostra antologica che si svolgerà negli spazi di Palazzo delle Paure, rendendo così omaggio al suo più noto artista vivente. Dal 7 dicembre la mostra sarà alla Reggia di Caserta.
Grazie ai prestiti da parte dei collezionisti di Lecco e Provincia la mostra – a cura di Barbara Cattaneo e Sabina Melesi – conterà per lo più opere inedite, mai esposte prima in spazi pubblici. La mostra verrà poi replicata alla Reggia di Caserta (dal 7 dicembre).
DOVE: Lecco, Polo museale di Palazzo delle Paure, Piazza XX Settembre, 22
QUANDO: Dal 28 maggio al 10 settembre 2017
Inaugurazione: sabato 27 maggio 2017, ore 18
ORARI: da martedì a venerdì 9.30 -18; giovedì anche 21-23; sabato e domenica 10-18 (chiuso il lunedì)
Aperture straordinarie:
Venerdì 2 giugno 10-18
Martedì 15 agosto 10-18
Sabato 15 luglio: NOTTE BIANCA, ore 10-23 ingresso gratuito; ore 18 visita guidata a cura di Barbara Cattaneo
Il percorso espositivo cronologico si apre con le opere nelle quali si avvertono le suggestioni della Metafisica di Carlo Carrà che Stefanoni predilige rispetto a quella di Giorgio de Chirico per la sua capacità di far scoprire la bellezza nascosta nella vita quotidiana. Nel ciclo dei Riflessi (1965-1968), i piccoli rilievi tondi diventano la base per dipingere dei paesaggi in miniatura, in cui già si percepisce la cura al dettaglio che diventerà nel tempo una delle cifre più caratteristiche dell’artista lecchese.
A cavallo tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta, Stefanoni intuisce per primo la possibilità di utilizzare la segnaletica stradale nella rappresentazione della realtà, in maniera ironica e distaccata. Nascono così i Segnali stradali regolamentari, al cui interno sono inseriti oggetti-icona che rispondono a quell’esigenza linguistica, propria di quegli anni, di far conquistare all’elemento visivo, territori che appartenevano alla parola.
Queste immagini ritornano protagoniste nelle tele degli anni ’70 che mostrano una ‘metafisica senza mitologia’ con oggetti comuni come matite, mestoli, scope, flaconi, giacche, e altro, disposti su ordinate fila, sovrapposti o affiancati gli uni agli altri che dialogano con lo spazio vuoto o segnato da linee geometriche.
Stefanoni si avvicina all’arte concettuale già alla fine degli anni ‘70 con Elenco di cose (1976-1983), una serie quadri realizzati con la lente d’ingrandimento, dove soggetti minimali e quotidiani, estranei alla tradizione della pittura come una cucina a gas o una pinza, diventano protagonisti di una ritrattistica quasi maniacale. A questa, seguirà quella delle Apparizioni (1983-1984) in cui domina l’essenzialità della linea e la distanza dal colore, con immagini impalpabili come colte attraverso un cielo nebbioso.
Dal 1984, con Senza titolo, il colore racchiuso dalla linea nera caratterizza le nature morte e le vedute, mai la figura umana. Sono ambientazioni nelle quali Stefanoni recupera, senza mitizzarla, la Metafisica, ma in cui è sempre presente la memoria della lezione di eleganza e rarefazione del Beato Angelico, al quale spesso l’artista si richiama per la passione dell’osservazione, legata alla scoperta delle geometrie segrete tra gli oggetti e gli elementi del paesaggio. Le sue casette, i suoi alberi sono oggetti ridotti all’essenziale, alla semplicità di una forma riconoscibile, quasi illustrativa. Sono elementi della storia dell’arte italiana che diventano icone e per questo devono essere comprensibili, proprio perché hanno dei valori diversi dalla semplice rappresentazione.
I paesaggi o le nature morte, che costituiscono gran parte del lavoro di Stefanoni, non vogliono spiegare o raccontare, quanto rappresentare uno stato delle cose.
Anche le sue più recenti Sinopie, richiamando la tecnica dell’affresco, riflettono questo suo inserimento nella classicità del dipingere e aprono a forme di azzeramento del colore e dei contorni dei paesaggi, fino a diventare semplice pittura, sempre alla ricerca dell’essenzialità.
TINO STEFANONI, nato a Lecco nel 1937, ha studiato al Liceo Artistico Beato Angelico e alla facoltà di architettura del Politecnico di Milano. Dopo alcune mostre fra il ‘63 e il ‘66, la sua vera e propria attività artistica inizia nel 1967 con il conseguimento del 1° Premio San Fedele di Milano, importante rassegna per giovani artisti, della cui giuria facevano parte anche il conte Panza di Biumo e Palma Bucarelli. Da allora espone in numerose gallerie private italiane e straniere, spazi pubblici e museali, manifestazioni internazionali (Biennale di Venezia 1970 e 2011). Vive e lavora a Lecco.
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