Oggi ci alziamo quasi in orario per una giornata che sarà piuttosto impegnativa: siamo diretti all’altura di Masada al mattino e poi all’oasi di Ein Gedi nel pomeriggio. Non siamo abituati ai 38/40 gradi, per quanto asciutti, di questi luoghi, quindi portiamo con noi tanta acqua e facciamo una bella colazione.
La colazione israeliana è giustamente famosa per la sua ricchezza: tantissimi dolci come piace a me, soprattutto quelli a base di miele e di fillo pasta della tradizione mediorientale (per un pieno di energie), tanta verdura (per idratarsi) e poi formaggio, aringhe e altre prelibatezze (per spaziare tra i sapori), senza dimenticare la pita e l’hummus, almeno quattro o cinque piatti caldi. Per noi che amiamo le omelette il cuoco del Prima Hotel prepara anche due belle frittate a base di uova, formaggio ed erbette.
Andiamo subito a fare il pieno alla macchina: da queste parti è meglio avere il serbatoio sempre in ordine perché i distributori di benzina sono sono tre, uno a otto chilometri a sud (e lì siamo diretti). Gil tenta invano di dirmi che possiamo farla anche stasera ma io, che sono terrorizzata di restare a secco con il deserto intorno, guido dritta in direzione del benzinaio.
Prima tappa Masada, l’altura simbolo della resistenza ebraica al conquistatore romano. È possibile raggiungere la rocca a piedi o in funivia, ma in questi giorni (e credo durante tutto il periodo caldo) il Sentiero dei Serpenti è chiuso per le avverse condizioni climatiche che, da queste parti, significa temperature troppo alte. Quindi saliamo con la funivia. Non serve prendere una guida perché il materiale informativo che viene distribuito è molto esaustivo. Davvero incredibile cosa è stato costruito qui lontano da tutto: persino le terme e un bagno pubblico. Altrettanto incredibile pensare agli approvvigionamenti a questa altezza (400 metri): portare qui olio, grano e il necessario alla vita quotidiana dev’essere stata una fatica immane. È già questo basterebbe per capire qualcosa delle capacità di questo popolo.
Ma la storia di quanto accaduto nel 74 circa dopo Cristo illumina sulla tenacia, sull’orgoglio e sulla resistenza degli ebrei: gli abitanti di questa rocca preferirono uccidersi che cadere nelle mani dei Romani. E lo fecero, dopo aver resistito a lungo all’assedio, in modo ragionato e sistematico. Prima gli uomini uccisero le rispettive donne e i figli. Poi dieci uomini uccisero tutti gli altri. Infine uno venne estratto a sorte per finire gli altri nove e togliersi la vita. Così fecero e i Romani trovarono solo cadaveri.
“Mai più Masada cadrà” (Metzadà shenìt lo tippòl) è il giuramento dei soldatini israeliani. Masada oggi è patrimonio Unesco.
Lasciata Masada andiamo all’oasi di Ein Gedi, l’altro luogo interessante da queste parti ma di genere completamente diverso. È una grande oasi costellata di cascate e di sorgenti, quindi verde e rigogliosa, in mezzo al deserto. Il materiale informativo parla dei tanti animali presenti qui. Sarà per la stagione ma noi abbiamo visto solo farfalle e uccellini, ma dato quello che c’è fuori (e cioè nulla a causa del caldo), direi che è già abbastanza. Probabilmente altri animali escono in stagioni più favorevoli oppure di notte. In ogni caso andateci per vedere come questa terra riservi sempre una sorpresa.
Sia a Masada sia a Ein Gedi abbiamo visto persone vestite in ogni modo, dalle infradito agli scarponi. In medio stat virtus: usate le scarpe da ginnastica così eviterete qualsiasi problema. Portate sempre una bottiglia d’acqua perché si suda copiosamente (bevete senza risparmio in quanto ci sono fontane ovunque per i visitatori).
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