Un itinerario insolito a Venezia, ideale per chi già la conosce nei percorsi classici. Arianna Cecchini (*) ha scelto per due giorni nella città lagunare una delle isole meno classiche, un po’ discosta e poco nota: Sant’Erasmo, chiamata anche l’isola degli orti, scegliendo di dormire in un caicco ormeggiato.

Il bello di Venezia è che il treno ti deposita già sul Canal Grande. Usciamo dal flusso dei turisti per attraversarlo e dirigerci, scegliendo percorsi meno frequentati, verso il mercato del pesce che è in zona Rialto e che speriamo di trovare ancora in piena attività.

Sui muri ci sono le iscrizioni con le misure regolamentari dei pesci. Polipi, acciughe, merluzzi, cozze. La tavolozza dei colori è sulle tonalità del grigio, l’odore è intenso. Il vicino mercato della verdura è per me più allettante. I primi carciofi autunnali, mazzi di peperoncino, cardi. Perdendo e ritrovando la direzione andiamo verso il Museo Guggenheim, l’unica attività culturale che ci concediamo. Arte moderna, che spesso mi sfugge, ma m’innamoro perdutamente di quella che è stata la testata del letto di Peggy.

  

Mangiucchiamo degli stuzzichini davanti ad un’officina di gondole e poi ricominciamo a vagabondare. Andiamo in direzione dell’Arsenale e, non avendo orari, ci permettiamo di camminare lungo un rio. Le case quasi subito ci impediscono di seguirlo, sbuchiamo in una corte, piccolissima piazzetta chiusa tra le case, nell’ombra di un ‘sotoportego’ intravediamo la possibilità di uscire da questo labirinto, una calle ci porta verso un campiello, rivediamo il rio, attraversiamo un ponte per percorrere l’altra sponda ma presto un altro muro ci costringe a deviare.

  

Siamo fuori dai percorsi turistici, girano solo veneziani e mi domando, come ogni volta, come sia vivere in una città dove le piante sono poche, dove si deve camminare, neppure la bicicletta si riesce ad usare, dove se guardi in aria finisci in acqua.

Ho prenotato un b&b un po’ diverso: dormiremo nella cabina di un caicco ormeggiato. Non è proprio vicino ma prendere il vaporetto per arrivarci mi pare inutile. Camminiamo a lungo, oltre i giardini della Biennale, verso l’isola di Sant’Elena.

Questa parte della città è lontana dallo struscio turistico, le case sono alte e belle. Larghi viali sembrano alcune vie del centro di Milano, ma senza il traffico.

Ceniamo in un piccolo ristorante gustando baccalà mantecato e lasagne. Il proprietario è originario della Val d’Intelvi. La barca è ovviamente l’ultima della darsena, la cabina è piccola in legno, il bagno è grande come un fazzoletto. Però far colazione sul ponte mirando il sole sull’acqua è appagante.

Il giorno successivo da Fondamenta Nuove prendiamo il vaporetto per l’isola di Sant’Erasmo dove abbiamo prenotato le biciclette. Dalla fermata al noleggio quindici minuti buoni a piedi, ma poi su arrugginite e poco frenanti velocipedi esploriamo l’isola.

 

Coltivazioni di cardi, peperoncini. Poche case, un negozio di alimentari, una banca (!), la laguna che affascina ed inquieta.

A Venezia andiamo alla ricerca di Palazzo Contarini del Bovolo, con la sua scala a chiocciola (bovolo) esterna ornata da archi sulla quale, leggiamo nella guida, è possibile salire per godere della vista di canali e calle e palazzi dall’alto. Si fatica a trovarla perché nascosta in un vicolo secondario e – purtroppo – non è possibile accedervi.

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Leggi anche:
Venezia: istruzioni per l’uso (arrivare in treno e dormire sul caicco)

(*) Arianna Cecchini è un’amica di lunga data di Pennaevaligia e ha fondato Latitudini Editore, laureata in Economia, è appassionata di montagna e alpinismo.

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