La Grande Sinagoga di Budapest è il più grande edificio di culto ebraico in Europa (seconda solo a quella di New York). Ma non solo. Il sionismo è nato proprio da un’idea di un giornalista di Budapest, Theodor Herzl, che aveva seguito a Parigi il processo contro il capitano Dreyfus ed era rimasto impressionato dall’antisemitismo diffuso nella società francese.
La visita alla Grande Sinagoga di Budapest è stato un momento emozionante non solo per via della mia passione per la storia degli ebrei e della Shoah. Come italiana sono stata orgogliosa di ascoltare una guida inglese che raccontava la storia delle persone che a Budapest hanno aiutato gli ebrei. Tra gli altri anche Giorgio Perlasca, commerciante di Padova che, fingendosi il console spagnolo, è riuscito a salvare centinaia di ebrei. La sua storia è raccontata nel libro “La banalità del bene” che ho letto prima di partire (e il cui titolo riecheggia “La banalità del male” di Hannah Arendt, la filosofa ebrea allieva di Heidegger, che seguì per un giornale newyorkese il processo a Eichmann e che lo raccontò appunto in quel libro). La storia di Perlasca è rimasta nell’ombra per 42 anni, fino a quando le persone da lui salvate non si misero alla ricerca di quell’italiano che parlava spagnolo e che con un grande bugia, a rischio della propria vita, riuscì a sottrarle ai campi di concentramento.
Aveva concluso che gli ebrei avrebbero dovuto fondare una loro patria e l’aveva vagheggiata in Palestina. Un’americana di origine ungherese, Estée Lauder, sì quella dei prodotti di bellezza, ha finanziato il restauro della Grande Sinagoga; mentre l’attore Tony Curtis, pure lui di origine ungherese, ha dato vita a una fondazione che tra le altre cose ha finanziato l’albero della vita di cui scrivo sotto. La Grande Sinagoga di Budapest è stata a lungo la più grande e più moderna in Europa, costruita (fra il 1854 e il 1859) in ghisa. Vicina c’era una fabbrica di tabacco, quindi si chiamava la Sinagoga del Tabacco. E’ rivolta verso Gerusalemme, le decorazioni sono in oro vero, 43 chili a 23 carati, ha tre navate e un altare tanto che curiosamente ricorda una chiesa. Perchè? Perché è una Sinagoga neologa: la parola è nata qui, per designare una separazione, nella comunità ebraica di Budapest, da parte degli ebrei che desideravano assimilarsi alla cultura cristiana per essere accettati. Hanno abbandonato abbigliamento e acconciature, ma anche la lingua yiddish, e costruito una sinagoga diversa da quelle tradizionali per essere più allineati. Il cimitero interno sorge sulle fosse comuni dove furono tumulate le vittime dei nazisti.
Sulle foglie dell’albero della vita, a forma di salice, è possibile leggere alcuni dei nomi delle vittime del nazismo.
Nota 1: l’organo viene suonato da un non ebreo perché suonare è un lavoro e all’ebreo non è permesso farlo di sabato quando vi sono le funzioni dello Shabbat.
Nota 2: nell’armadio sacro ci sono quindici Torah.
Nota 3: qui gli ebrei ortodossi vengono solo in visita per vedere la Grande Sinagoga e per ascoltare la storia dell’Olocausto.
Nota 4: 750000: gli ebrei ungheresi prima della guerra.
600.000: gli ebrei ungheresi morti, un decimo di tutti gli ebrei scomparsi nella Shoah.
110000: gli ebrei sono oggi in Ungheria
Nota 5: prima di entrare nella Grande Sinagoga – con elementi in stile romanico e moresco – di Budapest assicuratevi di avere l’abbigliamento adatto. In particolare le donne devono coprire spalle e gambe. All’ingresso offrono dei teli di carta per coprire la spalle ma non sono “validi” per coprire le gambe (gli addetti sono inflessibili). Nel mio caso avevo nello zaino una sciarpa di cotone ampia (che di solito uso in aereo per proteggermi dall’aria condizionata) e che è stata perfetta come gonna-pareo. Nel costo del biglietto è compresa la spiegazione a cura delle guide: entrate nella Grande Sinagoga e cercate i banchi con la bandiera italiana.
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